Il libro nasce dall’idea di connettere il mondo dell’informatica, sconosciuto a molti, con gli stati d’animo di chi opera nel campo. I nove racconti si propongono di analizzare la professione in questione non da un punto di vista tecnico, ma orientando lo sguardo verso gli aspetti umani degli addetti ai lavori. L’autore tenta di evidenziare i loro sentimenti, le loro emozioni, le ansie, le paure nel compiere il proprio lavoro. E nel farlo egli ha individuato un filo rosso che le unisce tutte, ovvero la solitudine. Quella del tecnico informatico, secondo l’autore, è una professione che, tranne in alcuni casi particolari, viene esercitata in solitudine, senza la possibilità di un confronto, di una socializzazione delle idee, senza la possibilità di avere un “complice” durante l’attività lavorativa, la cui presenza consentirebbe di affrontare le molte difficoltà, con maggior tranquillità. Il tecnico informatico è sempre solo al cospetto di un macchinario che presenta delle anomalie. E le deve risolvere nel minor tempo possibile facendo appello esclusivamente alla propria preparazione, alle proprie intuizioni, alla propria esperienza, e se non si arriva ad una risoluzione del problema, si deve affrontare l’ira del cliente, con delle conseguenze spesso molto pesanti da sopportare. L’autore ha cercato inoltre di rendere alcuni inevitabili dettagli tecnici, comprensibili a tutti. Le storie narrate prendono tutte spunto da fatti realmente accaduti, ma la maggior parte del lavoro è frutto della fantasia dell’autore.